Gesù di Nazaret rivelato ai piccoli 

- La crocifissione e la morte di Gesù -


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La crocifissione e la morte di Gesù 

I giudei avevano chiesto a Pilato una pena che davano i 
romani. La pena data dagli ebrei per la bestemmia era la lapida- 
zione, come fecero poco dopo con Santo Stefano. La crocifissione 
era stata importata anche nell’antica Roma. 


Prima che a Roma era stata praticata in Grecia, in Egitto e in 
altri paesi del Mediterraneo. Era la pena riservata solitamente 
agli schiavi e solo per delitti molto gravi. Nessun cittadino 
romano poteva essere legalmente crocifisso. La croce usata per 
Gesù era costituita da due pali: il palo verticale che si piantava in 
terra, e il palo orizzontale che in un secondo tempo si univa col 
palo verticale, il quale non era totalmente liscio, ma verso la sua 
metà sporgeva uno zoccolo sul quale si appoggiava a cavalcioni 
il corpo del crocifisso. Questo sostegno era necessario, perché il 
corpo del condannato si reggesse sulla croce. I quattro chiodi 
non bastavano. Veniva preparato il luogo della esecuzione pian- 
tando in terra il palo verticale, alto quattro o cinque metri, e i 
piedi del condannato erano sollevati da terra qualche metro. 


Veniva scelto un luogo frequentato, perché doveva servire da 
monito per quelli che vedevano. Il condannato era affidato a 
quattro soldati, comandati da un centurione, che aveva il compito 
di riscontrare la morte del crocifisso. Il palo orizzontale si poneva 
sulle spalle del condannato. Un incaricato portava davanti al 
condannato una tavoletta su cui era scritto il delitto. Avviatosi il 
corteo verso il luogo del supplizio, si passava per le vie più fre- 
quentate per dare pubblicità all’esecuzione. Lungo il cammino il 
condannato era schernito e offeso. Il condannato, giunto sul 
luogo del supplizio, veniva spogliato delle vesti. La nudità totale 
era comunemente usata dai romani. 


Il condannato veniva disteso a terra supino, così che avesse 
sotto di sé, lungo le spalle e le braccia aperte, il palo orizzontale, 
al quale venivano inchiodate le mani. Fatto questo, il condannato 
con una fune veniva elevato sul palo verticale. Il palo orizzontale 
era unito con quello verticale per mezzo di chiodi o di corde. Poi 
si inchiodavano i piedi con due chiodi, perché i piedi stavano ai 
due lati del palo verticale e non potevano essere sovrapposti 
l'uno sull'altro. Ridotto in tale stato, il crocifisso aspettava la 
morte. I soldati che stavano di guardia impedivano a chiunque di 
avvicinarsi per recare un sollievo qualsiasi. La morte avveniva 
per dissanguamento, per febbre, per sete: spesso non si faceva at- 
tendere molto, a volte certi più robusti resistevano giornate intere, 
spegnendosi a poco a poco in una agonia spaventosa. Talvolta i 
carnefici acceleravano la morte con il crurifragio romano che con- 
sisteva nello spezzare i femori dell’agonizzante a colpi di clava. 
Avvenuta la morte, dal tempo dell'imperatore Augusto, si 
concedeva il cadavere ad amici o parenti che l'avessero richiesto 
alle autorità per seppellirlo. Queste norme generali furono seguite 
anche per la crocifissione di Gesù. 


Il luogo scelto per la crocifissione di Gesù si trovava appena 
fuori le mura della città di Gerusalemme, dove vi era una piccola 
sporgenza rocciosa alta pochi metri dal terreno circostante. La 
gente lo chiamava "il Cranio" detto in aramaico "Golgota", ed 
essendo a breve distanza da una porta della città passava là 
molta gente. Le vie in quel giorno erano affollate per la solennità 
pasquale, e i sommi sacerdoti e gli altri sinedriti seguivano 
trionfanti il condannato. I sinedriti corsero dal procuratore e gli 
fecero rilevare l'errore fatto. "Dicevano pertanto a Pilato i sommi 
sacerdoti dei giudei: Non scrivere il re dei giudei, bensì egli 
disse: Sono re dei Giudei. Rispose Pilato: Quello che ho scritto ho 
scritto." (Giovanni 19, 21-22). 


Il corteo avanzava con lentezza lungo le vie affollate della 
città in festa. Le offese, i sarcasmi più feroci erano indirizzati a 
Gesù, sotto l'invito dei capi dei giudei, non ai due ladroni. Gesù, 
caricato del palo orizzontale, camminava a stento. Dalla sera 
precedente era passato attraverso prove fisiche e morali di 
inaudita violenza, basti ricordare la flagellazione, che lo indebo- 
lirono molto. Sotto il p so del palo orizzontale vacillava, più 
volte è caduto. Il centurione, temendo che Gesù morisse lungo il 
cammino, comandò a Simone di Cirene, di prendere il palo. Il co- 
mando non fu gradito da Simone che tornava dal suo lavoro. 
Altro aiuto morale venne dato a Gesù dalle donne che piangevano 
e si lamentavano per la sua condizione di uomo dei dolori. 
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui i 
due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra (Luca 23, 32). A 
Gesù, e anche ai due ladroni, fu offerto del vino mescolato con 
mirra, che era giudicato adatto a intorpidire i sensi. Ma li 
appena vi ebbe apposte le labbra lo rifiutò, volendo ber on 
piena coscienza il calice datogli dal Padre. 


Spogliato delle vesti, Gesù fu disteso a terra e crocifisso. La 
crocifissione terminò a mezzogiorno. Sull’ora della crocifissione
vi è una diversità tra il racconto di Giovanni e quello di Marco. 
La differenza si spiega così: Marco parla dell’ora terza considerata 
come un gruppo di ore che si estendeva fino all’ora sesta, cioé
fino a mezzogiorno, mentre Giovanni intende l'ora sesta come il 
preciso mezzogiorno. 


Mentre si svolgeva la crocifissione, Gesù mantenne un il silenzio 
assoluto. Il suo corpo era sfigurato, la carne straziata, nulla era 
intatto in lui e in quell'immenso, abissale dolore la sua mente e la 
sua volontà erano unite nell’offerta totale al Padre per la salvezza 
degli uomini, del suo e di tutti i tempi, dal primo uomo fino agli 
ultimi uomini, quando egli verrà per giudicare l'umanità, e tutto 
sarà trasformato in una terra nuova e nei cieli nuovi. 
L'evangelista Giovanni così scrive: "I soldati poi, quando 
ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e n fecero quattro 
parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era 
senza cucitura, intessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò 
dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. 
Così si adempiva la scrittura: si sono divise tra loro le mie 
vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. 
E i soldati fecero proprio così. 


Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua 
madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo 
la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla 
madre: Donna, ecco il tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco la tua 
madre. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. 
Dopo questo, Gesù sapendo che ogni cosa era stata ormai 
compiuta, disse per adempiere la Scrittura: Ho sete. Vi era lì un 
vaso pieno di aceto, posero perciò una spugna imbevuta di aceto 
in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ri- 
cevuto l'aceto, Gesù disse: Tutto è compiuto. E chinato il capo, 
spirò. 


Era il giorno della Parasceve e i giudei, perché i corpi non ri- 
manessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne 
quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe 
e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le 
gambe al primo a poi all’altro che era stato crocifisso insieme con 
lui. Venuti però a Gesù e vedendo che era già morto, non gli 
spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il costato con 
la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testi- 
monianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il 
vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si 
adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un 
altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a 
colui che hanno trafitto. 


Dopo questi fatti, Giuseppe di Arimatea, che era discepolo 
di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di 
prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e 
prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in 
precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di 
mirra e di aloe di circa cento libre. Così presero allora il corpo di 
Gesù e lo avvolsero in bende insieme con gli aromatici com'è 
usanza seppellire per i giudei. 


Ora, nel luogo dove era stato crocifisso vi era un giardino e 
nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato 
ancora deposto. Là dunque deposero Gesù a motivo della Parasceve 
dei Giudei, perché quel sepolcro era vicino" (19,23-42). 
Da quanto leggiamo in questo testo di Giovanni e negli 
scritti degli altri evangelisti saremmo portati dinanzi a Gesù cro- 
cifisso e morto in croce al dolore e alla compassione. Legittimi 
sentimenti, ma dobbiamo anche ricordare che per le prime gene- 
razioni cristiane, la croce non era tanto "il legno in cui Cristo fu 
appeso, quanto il legno sul quale Cristo regnò" (Giustino I 
Apologia, 41, 4). 


I pagani non riuscirono con il loro sarcasmo, a spingere i cri- 
stiani a vergognarsi della croce. Il Figlio di Dio è stato crocifisso? 
- esclamava uno di loro - non me ne vergogno, proprio perché 
c'è da vergognarsene (Tertulliano). 
San Paolo scriveva ai primi cristiani: Quanto a me non ci sia 
altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Galati 
6, 14). "Ogni altra azione di Cristo è motivo di vanto per la 
Chiesa cattolica, ma vanto dei vanti è la croce" (Cirillo di Geru- 
salemme, Cat. 13,1). 


I crocifissi antichi non esprimono angoscia, spasimo o tragedia, 
ma calma, maestà e regalità. Sulla croce, come ha scritto tante 
volte l'evangelista Giovanni, Gesù è glorificato, è innalzato, attira 
tutto a sé, in una parola, regna. La signoria di Cristo si rivela 
nella risurrezione, ma poggia sulla croce. La teologia completa 
di Cristo crocifisso è quella che ha tracciato Giovanni nell’Apocalisse. 
L'agnello vi appare ucciso e in piedi, ossia morto e risorto; con 
solennità divina, egli prende il libro che nessuno poteva aprire, il 
libro della storia e dei destini umani,.ne scioglie ad uno ad uno i 
sigilli, mentre intorno si canta a gran voce: L'agnello che fu 
immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e 
forza, onore e benedizione (Apocalisse 5,12). 


Al Signore Gesù Cristo crocifisso gratitudine, onore, stupore 
dunque, ma anche speranza. Se Dio non ha risparmiato il proprio 
Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa 
insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Chi ci parerà 
dall'amore di Cristo? In tutte le cose, compresa la morte, noi 
ormai possiamo essere più che vincitori, in virtù di colui che ci 
ha amati fino alla croce (cfr. Romani 8,31-37). 



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